Papa Bonifacio IX e la rosa  d'oro donata a Astorgio Manfredi

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Papa Bonifacio IX e la Rosa  d'Oro donata a Astorgio Manfredi

di Enzo Bonzi




Bonifacio IX (1389 - 1404)

     Il 22 novembre 1390 Astorgio Manfredi si recò a Roma con la scorta di 150 cavalli per ottenere da papa Bonifacio IX la conferma del vicariato di Faenza. In quella occasione il Pontefice volle donargli una rosa d'oro, del valore di duecento scudi, che aveva al centro uno zaffiro e intorno altre sei rose d'oro, di cui quattro aperte e due chiuse; in mezzo portava scolpito il nome del Papa. Il 21 marzo dell'anno seguente tale gioiello venne regalato alla Cattedrale. Il 30 luglio 1468, i canonici, dovendo pagare unum pluviale borchati aurj cum uno capucino indorato pannj aurj coloris alexandrinj, emptum a Fratribus sancti Francisci de Observantia pro pretio centum librarum bononiensium, consignaverunt domino Bartolo de Scardavis unma roxam partim auream et partim argentatam ponderis, pars aurea, undecim unciarum et?, et alia pars, que est argentea, ponderis unciarum XIIII cum dimidia, cum uno zaphiro, quia subpignoret ad banchum Iudeorum in Castro Bononiensi pro libris centum, pro solvendo ut supra dictam emptionem. (Francesco Beccaluva, II, fol. 146 r, ms. in Archivio Notarile di Faenza). La consegna della rosa fu un semplice pegno, e non sappiamo quanto sia rimasta in mano all'Ebreo. Il gioiello figura poi, evidentemente riscattato, in un inventario del 25 giugno 1488: Jtem rosa aurea cum pede argentj, que vulgariter dicitur la roxa. (Francesco Maria Scardovi, VIII, 1488-1°, fol. 234 v, ms. in Archivio Notarile di Faenza).  Pochi giorni dopo, il 29 giugno, festa di S. Pietro, venne come al solito esposta sull'altare maggiore su un piede d'argento, e in quella occasione fu rubata.  Ne fu incolpato il sacrista minore don Nicola di Pietro di Fognano, che per ordine del Vescovo venne incarcerato e poi liberato il 16 ottobre dello stesso anno per intercessione del Capitolo e in seguito riconosciuto innocente (Francesco Maria Scardovi, IX, 1488-2°, fol. 67r, ms. in Archivio Notarile di Faenza). Il Vescovo pubblicò monitorio di scomunica contro il ladro e chiunque sapesse, ma della rosa non si è più avuta alcuna notizia.



La Rosa d'Oro.



Sigillo di Astorgio I Manfredi

  La Rosa d’oro del Papa

  Il dono  della Rosa d'Oro pontificia è un gesto che si inquadra nella liturgia stazionale romana. Analogamente ad altri riti e tradizioni papali, anche per la Rosa d'Oro si distinguono due periodi: prima di Avignone, 1309, e dopo, quando i Papi rientrarono a Roma, 1377. Il Pontefice dal palazzo del  Laterano, la quarta domenica di Quaresima (domenica Laetare), con una solenne cavalcata su una chinea bianca si dirigeva verso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, con la Rosa d'Oro tenuta con la mano sinistra. Giunto alla Basilica la deponeva sull'altare dopo averla benedetta. Al termine della celebrazione eucaristica il Pontefice, dopo aver istruito i compartecipanti del mistico significato della funzione, ritornava in Laterano sulla chinea bianca, tra due ali festanti di fedeli. Al portico della Basilica lo attendeva il prefetto di Roma vestito con un abito di porpora e calze color oro che fungendo da palafreniere lo aveva accompagnato nel percorso. Lo aiutava a scendere dalla chinea sostenendogli la staffa. Sceso da cavallo, il Papa faceva dono della rosa al Prefetto genuflesso, il quale subito dopo baciava il piede al Pontefice. Al rientro dei Papi da Avignone si cominciò a benedire la Rosa d'Oro nel palazzo del Laterano.



Consegna della Rosa d'Oro.
Da un vecchio codice miniato.


Benedetto XVI il 13 ottobre 2008
consegna la Rosa d'Oro alla Madonna del Rosario di Pompei.

     A partire dalla metà dal 1485 si destinò a tale funzione la sala dei Paramenti. Il cerimoniale di Agostino Patrizi Piccolomini (Pontificalis Liber magna diligentia Reverentia in Christo Patris) descrive la funzione rituale rimasta immutata, con qualche piccola variazione, fino al secolo scorso. Il testo ricorda che è consuetudine per il Papa nella quarta domenica di Quaresima, nella quale si canta Laetare Hierusalem, benedire la Rosa d'Oro. Destinata poi a essere donata dallo stesso pontefice, a un principe, se presente al sacro rito, o a essere inviata a qualche personalità. Originariamente la Rosa d'Oro indicava gioia e allegrezza per la Pasqua imminente, e aveva un profondo significato cristiano, in quanto - come recita la preghiera di benedizione - essa rappresentava il giglio delle valli, il fiore di campo: cioè Cristo. Anche la forma della rosa mutò con il tempo. In origine era composta da un solo fiore, colorato di rosso nel bocciolo, poi sostituito da un rubino e da altre pietre preziose.

     Successivamente la rosa assunse la forma di un ramo spinoso con più fronde e con in cima una rosa più grande, in oro. Nel XVI secolo il ramo di rose cominciò ad essere inserito in un vaso e  l'oro ad essere sostituito con argento dorato. L’inizio del rito risale a Leone IX (1049 – 1054) quando chiese ai monasteri da lui fondati in Alsazia di far giungere ogni anno a Roma una Rosa d’Oro già fusa, oppure il quantitativo d’oro sufficiente a confezionarla. Il tutto doveva essere a Roma entro la funzione quaresimale della domenica  Laetare. I Pontefici usavano consegnare la Rosa d’Oro a sovrani o a santuari come segno di speciale distinzione.      

     A partire dalla metà del Seicento la Rosa d’Oro diventa un dono da destinare ai santuari mariani, alle regine o a personalità femminili, preferendosi altre distinzioni cavalleresche per gli uomini.  Centottanta sono stati i destinatari della Rosa d’Oro, una composizione variegata di riceventi nella quale è possibile leggere la storia dei Papi e dei momenti storici della regalia. La prima rosa  venne consegnata da Papa Urbano II a Falcone d’Angers nel 1096 a Tours in occasione della visita alla città. Tra i riceventi figurano  Enrico VIII d’Inghilterra con due consegne, il  conte Amedeo VI di Savoia nel 1364, Astorgio Manfredi nel 1390. A Ludovico III Gonzaga, marchese di Mantova viene donata nel 1459 per aver ospitato il Concilio. Quelle offerte da Martino V alla Basilica Vaticana e da Clemente VII alla Confraternita del Gonfalone, per l’impegno dimostrato nella liberazione di schiavi cristiani catturati dai pirati barbareschi, furono bottino dei lanzichenecchi nel sacco di Roma del 1527. Alessandro VI, la concesse a Cesare Borgia. Mentre le rose consegnate ai dogi di Venezia sono da considerarsi un riconoscimento  alla Repubblica lagunare per l’impegno profuso nella lotta contro i turchi. Tra le donne, nel 1937 Pio IX la consegnò ad Elena di Savoia, sposa di Vittorio Emanuele III, ed è oggi conservata nel Museo della Basilica di San Giovanni in Laterano.


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